PRENDERLA SPORTIVAMENTE

L’arte del “saper perdere” non è da tutti. Ma gli sportivi, dal momento che sono costantemente “a rischio” la sanno padroneggiare meglio di chiunque altro. Rispetto all’azienda è un altro mondo, certo, ma meno distante di quanto si pensi. La prova? Nelle aziende ormai da molti anni c’è una figura che accompagna manager e organizzazioni attraverso percorsi di trasformazione. Si chiama “coach”. Bene, il “coach” nasce sui campi di football in USA. E’ un allenatore, una guida e un motivatore  per atleti e squadre. Utile a fronteggiare gli avversari, ma anche a superare le eventuali sconfitte.

Proviamo a sostituire alle parole atleta, squadra e avversari i termini manager, organizzazione e competitor. Cambia il contesto, ma il coach trova comunque il suo perché. In questo caso un supporto di coaching ce lo regala il magazine BBC, che a pochi giorni dalla sconfitta calcistica dell’Inghilterra contro l’Italia, si è premurato di salvare il morale dei tifosi britannici dalla depressione post-disfatta. Come? Con un pronto soccorso in cinque mosse. Che parte dal principio che “è solo un gioco”. Perdere una battaglia non è perdere una guerra. Non è una frase fatta. Serve a mantenere il senso della prospettiva, ad arginare la frustrazione, a razionalizzare e a condurre un’analisi costruttiva del fallimento. La seconda regola è “prenderla con filosofia”. Letteralmente.

Piuttosto che cedere ad atteggiamenti autosvalutanti è meglio affidarsi alle pagine dei grandi pensatori. Autorevoli, “esterni” e analitici per definizione. E se tra l’immensa arena di filosofi la scelta è ardua, affidarsi a Platone, Hume o Epitteto sembra essere un pronto soccorso di sicura efficacia. Per relativizzare e guardare il problema “dall’alto”. Il terzo consiglio è “considerare la sconfitta come una piccola tragedia”. E quindi analizzare il processo per quello che è, ripercorrerne le fasi, accettare il supporto delle persone care e tenere l’accaduto in prospettiva. Senza soffocare la frustrazione tra forzati pensieri positivi e far finta che non sia successo nulla. La quarta regola è “la vera competizione comincia ora” e quindi osservare il gioco dopo la sconfitta per capire “come finisce” la storia.

Che nello specifico Euro2012 è un po’ come dire “prima abbiamo perso noi, ma alla fine la guerra l’avete persa voi”. Probabilmente però, questa logica della magra consolazione funziona meglio oltremanica. Ma provarci non costa nulla. Infine la quinta e ultima regola è “prenditela pure con il sistema, ma poi cambia sistema”. A chiunque, di fronte a una sconfitta, è capitato di sentirsi vittima di un’ingiustizia. Nell’immediato è utile all’autostima. Ma poi bisogna cambiare rotta. Magari portando il traguardo a un livello superiore. Come ha fatto Steve Jobs che nel 1985 fu licenziato dalla Apple, la sua creatura. Un anno dopo comprò la Pixar che in dieci anni sarebbe diventata la più importante casa di animazione del mondo. E nel 1997 tornò al vertice di Apple. Nel discorso agli studenti di Stanford nel 2005 dichiarò “non ne ero ancora consapevole, ma scoprii che essere stato licenziato da Apple era la cosa migliore che potesse succedermi”. E anche se la BBC non lo cita, forse la regola più importante è proprio il motto con cui Jobs è passato alla storia: “stay hungry, stay foolish“. Che evidentemente funziona anche nei momenti più neri.

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Epson Italia Blog
Data di pubblicazione:
09.07.2012