14 MODI PER PERDERE IL LAVORO
Che siano tempi duri per chi lavora è fuori discussione. Ma sono tempi anche peggiori per i molti che purtroppo il lavoro l’hanno perso. E se agli effetti nefasti di una crisi la cui fine viene drammaticamente prorogata di semestre in semestre non c’è rimedio, sicuramente possiamo cercare di fare in modo che i nostri atteggiamenti sul posto di lavoro non accelerino la nostra cancellazione dall’organigramma aziendale.
La prestigiosa rivista Forbes è molto chiara a tal proposito: chiunque, nel proprio quotidiano professionale, può avere atteggiamenti non del tutto ortodossi. Presi singolarmente possono essere poca cosa, ma accumulati, ci conducono direttamente fuori dall’azienda (senza possibilità di tornare il giorno successivo). Parliamo di cose come procrastinare il lavoro all’ultimo minuto. Perché se il nostro lavoro coinvolge i colleghi, questi non saranno contenti di fare le cose in fretta (e magari male) per la nostra pigrizia. Poi sicuramente viene la menzogna. Intenzionale o a fin di bene poco importa: non può essere tollerata, neppure se si fa riferimento a un “arrotondamento” del time sheet. E su questo, trattandosi di deontologia non vi sono dubbi. A chi invece non è mai capitato di avere un atteggiamento negativo?
Di criticare un collega o, più in generale di lamentarsi? Soprattutto di questi tempi è meglio astenersi, dato che, vista la situazione generale, il tempo e la voglia di ascoltare sterili mugugni è ai minimi storici. Anche arrivare costantemente tardi al lavoro, qualunque sia il motivo, è sempre meno tollerato, perché mostra negligenza e scarso rispetto verso i colleghi. Per lo stesso motivo è importante rispondere tempestivamente e con i toni adeguati alle mail. Passando al “fenomeno” social network è importante la misura, soprattutto se il loro utilizzo non è legato a fini professionali, meglio limitare il collegamento alla pausa caffè; vale anche per le chiacchiere e le perdite di tempo in generale.
Inoltre, è opportuno considerare che il linguaggio del corpo fa la differenza: alzare costantemente gli occhi al cielo dice più di mille, inopportune, parole. Allo stesso modo, l’abito sul lavoro “fa il monaco”: sia in termini di abbigliamento consono, per non parlare di igiene personale, o di odori molesti causati dal fatto, per esempio, che non abbiamo saputo resistere a un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino. Infine, l’utilizzo di slang, di sgrammaticature o, peggio, di parolacce non fa bene alla nostra reputazione personale e neppure il perdere troppo facilmente la pazienza, l’eccessivo individualismo, il “parlare prima di pensare” e più in generale la maleducazione. Stiamo parlando di cose banali? Probabilmente molte di esse lo sono. Forse proprio per questo capita di dimenticarsene spesso, e di pagarne conseguenze oggi ben più pesanti della semplice antipatia, che comunque, non ci sono dubbi, è sempre molesta. Non solo in ufficio.
